Nel 2014, un istituto religioso cattolico non aveva rinnovato il contratto a un insegnante basandosi sul suo presunto orientamento sessuale. La motivazione in breve: le scuole paritarie godono della libertà di organizzazione e di insegnamento garantite dal Concordato.
Il Giudice del Lavoro di Rovereto aveva stabilito che «la presunta omosessualità dell’insegnante nulla aveva a che vedere con la sua adesione o meno al progetto educativo della scuola»; caso quindi di condotta discriminatoria tanto nella valutazione della professionalità, quanto nella lesione dell’onore. Inoltre la discriminazione non riguardava solo l’insegnante, ma era da considerare collettiva in quanto aveva colpito «ogni lavoratore potenzialmente interessato all’assunzione presso l’Istituto».
Adducendo alle stesse libertà garantite dal concordato, l’istituto ha fatto ricorso in Cassazione, la quale però ha confermato la linea precedentemente stabilita. «La ricorrente», sottolineano i giudici, «invoca disposizioni, anche costituzionali, a fondamento della libertà di organizzazione dell’istituto religioso, ma non spiega adeguatamente come questa libertà possa legittimare condotte apertamente discriminatorie».
Il danno in questione, ricordano i giudici, riguarda il bene persona, i valori garantiti dalla Costituzione e i suoi diritti inviolabili e fondamentali; in particolare, si sono lesi i diritti all’integrità psico-fisica e alla salute, all’onore e alla reputazione, all’integrità familiare, allo svolgimento della personalità e alla dignità umana.
Il risultato è un risarcimento di oltre 43 mila euro per la docente, a cui si devono aggiungere 10 mila euro ciascuno (compresi sindacato e associazione) per danno collettivo.